I sapori del Monregalese
Tra montagna e Langa, la cultura del buon cibo
La posizione particolare di Mondovì - tra montagna e Langa, pianura e mare - si riflette nella varietà dei prodotti tipici. Un patrimonio valorizzato anche da Slow Food che, preservando la tradizione, hanno contribuito a riavviare le filiere storiche.
Supportano tradizione e gusto anche le tante manifestazioni locali - ogni paese ha una specilità di riferimento e la propria sagra - e i grandi eventi cittadini come la Fiera Regionale del Tartufo - Peccati di gola o la Fiera di Primavera e i tanti ristoranti a menù tipico.
DOLCETTO DELLE LANGHE
(Docg)
Vino elegante e raffinato, asciutto e profumato, di color rosso rubino vivo, dal bouquet vinoso piacevole e dal sapore ricco e fragrante, questo Dolcetto si produce sulla sponda destra del Tanaro ed è ideale con antipasti tipici, minestre, verdure, bolliti e formaggi e... per intingervi le paste di Meliga. Dal 2011 è stato accorpato con il Dolcetto di Dogliani in una unica Docg - Denominazione di origine controllata).
DOLCETTO DI DOGLIANI
(Docg)
Colore rubino e violetto, profumo di fiori selvatici, dal sapore secco, armonico e fragrante è un vino da tutto pasto, che si coniuga al meglio con piatti di Langa e vini robusti: antipasti, salumi, minestre, arrosti, carni bianche e formaggi molli o semiduri.
RUBATA'
(PAT - Prodotto agroalimentare tradizionale)
Grissini tradizionali del Monregalese, sono fatti con la stessa pasta del pane, tagliata a striscioline poi fatte rotolare sul piano da lavoro col palmo delle mani. Il nome significa appunto “arrotolati”. La cottura prolungata elimina tutta l’acqua, il prodotto risulta leggero, friabile, facilmente assimilabile. La produzione del rubatà di Montodvì è regolamentato ufficialmente con un rigido disciplinare De.Co (Denominazione comunale di origine).
BALE D'ASU
(Arca del Gusto – Fondazione Slow Food)
Salume tradizionale di Monastero Vasco (a 7 km da Mondovì), deve il colorito nome (palle d’asino) alla forma che assume l’impasto insaccato nella trippa di vitello. Monastero era noto per gli allevamenti d’asino e in origine le Bale contenevano questa sola carne (con sale, pepe, noce moscata, erbe aromatiche e vino rosso), ma quando i commerci con la Liguria presero altre vie rispetto al valico, la ricetta si adattò alla carenza di materia prima, fino alla formula attuale: macinato di carne suina (50%), bovina (30%) e asinina (20%). Bollite per circa 2 ore, sono servite con purea, lenticchie o altri legumi lessati. Sono tra le piccole produzioni di eccellenza gastronomica dell’Arca del Gusto di Slow Food.
GRANO SARACENO
(PAT - Prodotto Agroalimentare Tradizionale)
In realtà non è un grano. Originario della Cina, verso la fine del primo millennio arrivò in Alta Val Tanaro con i saraceni e si diffuse sulle montagne, sopra i mille metri, per il breve ciclo vitale e la resistenza. La sua farina è, con le patate, l’ingrediente principale della tipica polenta saracena (condita con sugo di latte, porri e funghi secchi), e dell’impasto per tagliatelle, lasagne, biscotti. Privo di glutine, è adatto per i celiaci.
I prodotti si possono trovare alla fiera del Fiera del grano saraceno e della castagna bianca, Pamparato (novembre) e alla Festa della montagna - Sagra della polenta saracena, Garessio (settembre).
TAJARIN
(PAT - Prodotto Agroalimentare Tradizionale)
Tra la pasta fresca, oltre ai classici ravioli e ai più piccoli e tipici ravioli del plin (il pizzicotto con cui si chiude la pasta sul ripieno di carne), non bisogna dimenticare i Tajarin. Fatti di uova e farina, impastati, tirati e, secondo tradizione, tagliati a mano, sono come sottilissime tagliatelle da scottare appena nell’acqua bollente. Con le uova al piatto, i tajarin al burro sono il modo migliore per gustare il tartufo.
TARTUFO
(PAT - Prodotto agroalimentare tradizionale)
I tartufi erano noti già agli antichi, la loro origine fu attribuita a ogni tipo di causa, fulmini compresi; nel XVI sec. furono classificati funghi, ma solo nel 1967 fu provato scientificamente il rapporto pianta-tartufo. Tra le molte specie, la più pregiata è il tartufo bianco (Tuber Magnatum Pico) che si trova in Langa, Monferrato, Roero e poche altre aree. Dal 1929 ad Alba si svolge la Fiera Nazionale del Tartufo, dal 1996 a Mondovì ha luogo la Fiera Regionale del Tartufo – Peccati di gola nell’ambito della quale viene valorizzato anche il tartufo nero (Tuber Melanosporum Vitt.), altrettanto pregiato e diffuso sul territorio.
CAPPONE DI MOROZZO
(PAT - Prodotto Agroalimentare Tradizionale; Presidio Slow Food)
Morozzo è la capitale regionale del cappone, il galletto castrato (qui di razza bionda piemontese) dalla carne tenera e delicata. Un tempo prelibatezza offerta dai mezzadri ai proprietari delle terre a Natale, fin dall’epoca napoleonica è il protagonista della grande fiera di dicembre. Dagli anni ’60 al 2000 la tradizione ha rischiato di smarrirsi; divenuto Presidio Slow Food, l’allevamento è stato rilanciato e oggi le carni sono spedite in tutta Italia.Da gustare semplicemente lesso e bagnato nel sale o nel bagnet verde, o come pasticcio o ripieno.Il prodotto si può trovare alla Fiera del Cappone di Morozzo, il terzo lunedì di dicembre (www.capponedimorozzo.it).
CARNE RAZZA BOVINA PIEMONTESE
(PAT - Prodotto Agroalimentare Tradizionale; Presidio Slow Food)
Eccezionalmente gustosa, magra e dal tasso di colesterolo bassissimo: c’è chi viene nel Monregalese anche solo per comprare la carne. In principio ci sarebbe il bizzarro incontro tra i bovini Aurochs del Piemonte e gli Zebù del Pakistan, la cui inspiegabile migrazione si sarebbe arrestata qui, davanti alle montagne, in epoca Paleozoica. La seconda data chiave è più recente: nel 1886, per una rara mutazione spontanea, nacque un toro ipertrofico dalla “doppia groppa”, cosce muscolosissime, natiche enormi. Con tali progenitori, la Piemontese, razza da latte, da lavoro, e da carne, a lungo ha primeggiato. Il Presidio Slow Food riunisce piccole aziende che seguono regole d’allevamento severe e tradizionali. I migliori modi per gustare la Piemontese: cruda, battuta al coltello, condita con extravergine, sale e poco pepe; e come bollito misto con le salse della tradizione (i bagnet, primo tutti quello verde, a base di prezzemolo, acciughe e aglio).
Il prodotto si può trovare alla Mostra Nazionale dei Bovini di Razza Piemontese Cuneo di novembre (www.anaborapi.it), durante la Fiera Nazionale del Bue Grasso Carrù di dicembre, e alla Fiera di Primavera di Mondovì che si svolge ad aprile.
RASCHERA
(DOP - Denominazione Origine Protetta)
Porta il nome di un’alpe del Monte Mongioie il formaggio più tipico delle vallate monregalesi. Formaggio semigrasso, crudo, a pasta compatta di colore avorio, la Raschera ha un sapore fine e delicato nelle forme più fresche, intenso e tendente al piccante se stagionato, e con sentori di malga ed erbe alpine nella variante “di alpeggio” (oltre i 900 m: Frabosa Soprana e Sottana, Roburent, Roccaforte, Ormea, Garessio, Magliano Alpi). La forma quadrata è antica: era più pratica di quella tonda nei trasporti su mulo.
BRUSS
Odore forte, sapore molto piccante, si gusta con la polenta o semplicemente sul pane: il Bruss è un “formaggio-di-formaggi” tipico delle prealpi piemontesi e dell’Alta Langa. Nato in tempi in cui non si buttava nulla, si ottiene mescolando pezzetti di diversi formaggi in contenitori di terracotta, lasciandoli macerare nel latte o nel siero fino a quando non diventano un crema; solitamente la fermentazione viene interrotta aggiungendo distillati (grappa o acquavite), viceversa si arriva al bruss coi... vermi - come lo apprezzano i buongustai. Nella fiera di Frabosa Soprana insieme alla Raschera viene celebrato un altro tipo di bruss: quello ottenuto dalla fermentazione di sola ricotta di pecora, di gusto meno acre, più morbido dell’altro e caratterizzato da un colore bianco (come la ricotta) a differenza della tipologia di Langa e pianura che assume una tonalità che vanno dal giallino al nocciola. Il prodotto si può trovare durante la Sagra della Raschera e del Bruss di Frabosa Soprana, agosto, e alla Sagra del Raschera e dei formaggi d’alpeggio di Ormea, a settembre.
CASTAGNA DI CUNEO
(IGP - Indicazione Geografi ca Protetta)
Tante varietà e una zona tipica che comprende tutte le vallate cuneesi, da quella del Po a quella del Tanaro. La castanicoltura nel cuneese è antichissima (XII sec.): la castagna era un elemento essenziale della dieta delle famiglie e uno dei pochi prodotti della montagna commercializzabili. Nel ‘700, in provincia di Mondovì il castagno copriva 36.800 ettari, e circa 11.500 in quella di Cuneo: insieme rappresentavano il 54% della superficie castanicola piemontese. Oltre al prodotto fresco, cucinato arrostendolo sul fuoco (caldarroste) o facendolo bollire, si può apprezzare la castagna bianca (sbucciata e secca, secondo tradizionale essiccazione a fuoco lento nei secou) e la farina. In autunno, ogni centro, grande o piccolo, intorno a Mondovì e nelle valli vicine, ha la propria sagra o festa della castagna: Montaldo Mondovì, Frabosa Sottana, Sangiacomo di Roburent, Garessio…
Tra gli appuntamenti dove si può trovare questo prodotto ci sono la Fiera Nazionale del Marrone di Cuneo, a ottobre (www.marrone.net), la Fiera del grano saraceno e della castagna bianca di Pamparato, a novembre, la Sagra della castagna di Frabosa Sottana (ottobre) e la Festa della castagna garessina, Garessio (ottobre)
MARRON GLACE'
Tra le lavorazioni pasticcere della castagna, il marron glacé ha nella Granda un posto d’onore non solo perché celebre ed esportato in tutta Europa, ma anche perché un’ipotesi sulle origini incerte delle castagne sciroppate e ricoperte di glassa le colloca, nel ‘500, proprio nel cuneese dove c’erano abbondanza di frutti e disponibilità di zucchero. L’inventore sarebbe stato un cuoco di corte del Duca di Savoia, Carlo Emanuele I; altre ipotesi vogliono Lione come patria di questi dolci.
CUPETA
Dolce tipico, un tempo preparato nelle case per le festività natalizie, è a base di nocciole e/o noci tostate, cotte nel miele, e racchiuse tra due ostie. Il dolce che si ottiene ha un diametro di circa otto centimetri e altezza di uno.
RISOLE
Pezzo forte, anzi celebre, delle pasticcerie monregalesi, le risole sono paste di sfoglia ripiene di marmellata: il nome e la forma a mezzaluna evocano il sorriso, non a caso sono il dolce tipico del Carnevale (ma le troverete tutto l’anno). Fragranti, dolci, burrose, leggere: irresistibili.
MONREGALESI AL RHUM
(PAT - Prodotto Agroalimentare Tradizionale)
Praline a base di cioccolato e rhum: due cialde di meringa racchiudono il morbido composto, e il tutto è ricoperto di cioccolato fondente. Con il passare del tempo sono nate diverse varianti di monregalesi, utilizzando altri liquori, come il limoncello, o inserendo in alternativa nocciole, mandorle o caffè.
PASTE DI MELIGA
(PAT - Prodotto agroalimentare tradizionale; Presidio Slow Food)
Tipici biscotti del Monregalese dalla forma varia, a base di farina di mais ottofile, burro, uova e zucchero, sono gialli e croccanti, e scricchiolano appena sotto i denti. Ideali con lo zabaione, accompagnate da un bicchiere di passito o Moscato, o bagnate nel Dolcetto secondo antica tradizione. Conosciutissime, diffusissime... e così restano in pochi a farle proprio “come una volta”. Il Presidio Slow Food (www.presidislowfood.it), tutelando ingredienti e metodi tradizionali delle paste monregalesi, ha anche contribuito a ricreare una filiera all’insegna della qualità (dalla coltivazione dell’antico mais ottofi le alla riattivazione di un mulino a pietra che ne garantisce la farina)
www.lepastedimeliga.it
RAKIKO'
Il Rakikò è un amaro liquoroso a base di erbe nato nel 1924 a Mondovì, nelle cantine dello storico bar-pasticceria Comino (oggi Grigolon), dove è ancora esposta la pergamena originale che ne racconta la storia.